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La fortuna di uno scrittore dopo la sua scomparsa può dipendere anche dalla disponibilità dei suoi scritti, ovvero da come sono gestiti e pubblicati, quindi da come l'interesse e - perché no? - la curiosità del pubblico vengono alimentati. Nel caso di Biagio Marin esiste per fortuna il Centro Studi a lui intitolato che svolge tale funzione, egregiamente promuovendo edizioni, raccogliendo, conservando e catalogando inediti, manoscritti e documenti, infine organizzando la stampa di volumi che riuniscono scritti sparsi, minori rispetto al corpus poetico, ma spesso gustosi e sicuramente utili per arricchire la conoscenza dell'autore, renderne più agevole l'interpretazione, riaccendere l'attenzione. Si collocano in tale contesto le brevi prose qui riunite. Tutta una sezione è formata da pagine dedicate da Marin alla propria terra, con specifico riferimento a Trieste e a Grado, viste da angolature particolari. Il primo e più vasto nucleo del volume è invece costituito da interventi di Marin su scrittori fra Ottocento e Novecento, giuliani o dell'area culturale veneta. Il pezzo più cospicuo di questa sezione critico-memorialistica riguarda Giani Stuparich. Era forse inevitabile, data l'ammirazione e l'amicizia (non priva di crisi e di contrasti) fra i due. Si tratta di un saggio importante, che solo un esperto conoscitore sia dell'uomo sia della sua opera sia di tutto il contesto giuliano poteva scrivere.