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A dieci anni, il piccolo Michel chiese al padre, umile contadino che non si era mai mosso dal suo villaggio normanno, dove sognasse di fare un viaggio. La risposta fu: "Al Polo Nord". Trent'anni dopo, Onfray realizza il desiderio del padre e scrive il resoconto di un'esperienza destinata a rivelare profondità inattese: si tratta del libro che avete in mano, al contempo un diario di viaggio, una meditazione sulle civiltà che svaniscono, sui misfatti dell'industrializzazione e sulla saggezza dei popoli tradizionali. È anche una testimonianza toccante e lucidissima sulla lealtà e la pietà filiale. Completato da foto di Alain Szczuczynski, dall'elogio funebre che Onfray ha pronunciato per il padre nel dicembre del 2009, "Estetica del Polo Nord" è uno dei libri meglio scritti e, com'è stato detto, più "caldi" di Onfray: la costante e commossa vicinanza col padre, si direbbe, ha acuito la sua sensibilità e l'ha aiutato a tracciare imprevedibili ponti fra la fascinazione del gelido Nord e la nostalgia epicurea del nostro Sud.