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È possibile pensare il problema dell'identità, senza ridurlo a quello dell'appropriazione (negazione della differenza)? E' possibile pensare a una consegna all'estraneo, senza per questo rinunciare alle istanze del proprio? Come ridefinire e ricalibrare i margini della proprietà e dell'estraneità? Che cos'è ciò che accomuna e ciò che differenzia l'io dal tu? In quest'ottica, il testo analizza, nell'area tedesca, la posizione di Husserl, nel suo tentativo di andare oltre il semplice nominare la coapparenenza originaria, in direzione di una descrizione di come essa si dà e opera nei diversi fenomeni di esperienza dell'estraneo in quanto estraneo, che appare esclusivamente nella sfera della proprietà. Altro autore tedesco considerato è Gadamer per la sua curvatura ontologico-ermeneutica della fenomenologia. Se "l'essere che può essere compreso è linguaggio", il linguaggio è lo 'stesso' che accomuna o il proprio che differenzia? In area francese, la riflessione si concentra su A. Camus e P. Ricoeur, il primo per la provocatoria tematizzazione dell'estraneità e dell'assurdo; il secondo per il tentativo di conciliazione tra sé e altro. E' l'altro ad essere misura del sé (come sembra sostenere Lévinas) o è il sé ad essere luogo dell'alterità (come sembra sostenere Ricoeur)? In area americana, si esamina la posizione del giovane Dewey, per il quale la relazione fra 'comune' ed 'estraneo' si caratterizza come rapporto tra l'Io Individuale e la Società.