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Nella Palermo degli anni Ottanta, quella dei duecento omicidi l'anno, con il sindaco Martellucci (corrente andreottiana, la stessa di Salvo Lima) che non nominava mai la parola mafia, un insegnante nato in Sicilia, ma vissuto fino a vent'anni in Lombardia, ottiene il suo primo incarico nel carcere minorile Malaspina. Il maestro ha appena ventiquattro anni e gli alunni sono di poco più giovani di lui. Il clima carcerario si rivela subito invivibile: le condizioni dei ragazzi sono penose e la violenza trionfa sovrana. Animato da una furia indomabile, il maestro tenta di convincere tutti, direttore, agenti, educatori, ragazzi, persino giudici, a far prevalere democrazia e diritti, riversando nella vecchia struttura iniziative didattiche fondate su modelli etici come libertà, giustizia, democrazia, e prendendo iniziative concrete contro la mafia: vocabolo là dentro innominato. Ma, soprattutto, non esita a denunciare le violenze degli agenti contro alcuni ragazzi, tra cui Meri, un trans entrato per furto e protagonista della vita del carcere suo malgrado, per via della sua ingombrante e trascinante femminilità. Questa esperienza umana e pedagogica irripetibile venne narrata in un romanzo appassionato che solo adesso viene presentato nella sua interezza. All'epoca ne venne pubblicata una versione molto breve con il titolo "Meri per sempre" che, seppur "ripulito" di alcune parti, ugualmente suscitò attenzioni e polemiche, prima in Sicilia poi a livello nazionale.