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Siamo nell'era della fotomediazione: la fotografia va ben oltre la fissazione dei ricordi. Un tempo gli scatti dei non professionisti intercettavano i momenti topici della vita sociale e le tipicità espresse da una cultura condivisa. Mentre le foto dei professionisti aspiravano a riconoscere i momenti decisivi in senso autoriale in vari ambiti (reportage, moda, paesaggio, pubblicità...), oggi, in virtù dell'accelerazione sociale, siamo incerti sulla direzione della Storia. Tutti i fenomeni sono potenzialità del mondo, come tutte le immagini sono potenzialità dell'essere; potenzialità del sé tutti i selfie. Le linee della socialità sono disegnate dalla fotografia, che si fa linguaggio attivo e mediazione nella relazione con sé stessi e con gli altri. Occorre che lo sguardo della sociologia torni a posarsi su questo fenomeno, certo profondamente mutato da quando Bourdieu se ne occupò, tra gli anni Cinquanta e Sessanta dello scorso secolo, tenendo conto delle riflessioni prodotte dai saperi limitrofi e degli effetti che l'attuale overload di immagini sta avendo sulla fotografia.