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Al contempo metafore e mediatori del ricordo, le immagini sono legate alla memoria sin dall'antichità. Ma la loro capacità di fissare il passato e conservarlo, per farlo rivivere davanti ai nostri occhi, è estremamente ambigua: più si fanno precise ed esatte, garanzia di una memoria perfetta, più ci autorizzano a dimenticare, a delegare loro il dovere della testimonianza. Il numero 7 di Locus Solus si interroga sui modi attraverso cui le immagini artistiche, letterarie e cinematografiche possono farsi luoghi di un esercizio attivo della memoria, coinvolgendo nuovamente il soggetto, il suo corpo, la sua identità o la sua appartenenza a una collettività. Dai vari contributi emerge un'idea di immagine come tracciato complesso, nel quale si sedimentano diversi strati culturali e diverse forme di sguardo. Perché le immagini, al di là della loro presunta trasparenza, sviluppano autonome forme memoriali, attingendo agli strati più profondi e primitivi dell'inconscio individuale e collettivo, come accade nel montaggio regressivo di Ejzenstejn oppure nei corpi automatici del cinema muto, dove dietro un gesto comico si nasconde la memoria di un'immagine tragica e antica.