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Scritti tra il 1992 e il 2011, "Le Voile noir" di Anny Duperey, "Reliques" di Henry Raczymow, "Mes bureaux" di Jean-Philippe Toussaint, "Y penser sans cesse" di Marie NDiaye non coprono certo l'intera gamma di interferenze che la fotografia può produrre quando è coniugata alla scrittura. Attestano tuttavia le principali modalità attraverso le quali il dispositivo fotoletterario modella e ridefinisce le scritture del sé e, più in generale, le forme dell'immaginario francese contemporaneo, che spesso ricorre ad altri codici espressivi per rivitalizzare generi e contenuti. In modo diverso le quattro opere ci trasmettono la necessità del soggetto di cercarsi (senza necessariamente ritrovarsi) attraverso la fotografia quale forma di mediazione, e di raccontarsi attraverso la scrittura. Ci narrano altresì la posizione del soggetto nel mondo, il suo sguardo sull'immagine e sulla letteratura.