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Due personaggi scomodi: Giuseppe De Santis, il regista di "Riso amaro", protagonista della stagione del Neorealismo, che ha creduto fermamente in un cinema di denuncia sociale il quale, alla fine, è diventato scomodo anche per la stessa sinistra; Giose Rimanelli, scrittore di "Tiro al piccione", forse l'unico romanzo in cui la guerra è vista dalla parte della Repubblica di Salò, ma anche autore di quel pamphlet "Il mestiere del furbo" in cui denuncia vizi e malcostume dell'ambiente letterario ed editoriale italiano. Due autori che hanno pagato la loro coerenza con una sorta di "esilio" che li ha costretti a lavorare all'estero, dove però hanno trovato quell'ascolto e quel successo che meritano le voci libere della creatività artistica, qualsiasi siano le loro idee. In questa raccolta di saggi sono analizzati in maniera spassionata i temi della cinematografia di De Santis e vengono ricostruiti i suoi rapporti con il mondo politico italiano che lo osteggiò; di Rimanelli è invece esaminato il percorso letterario e biografico, attraverso l'analisi del suo stile di scrittore che nella condizione di esule ha saputo trovare lo stimolo per un linguaggio narrativo originale e profondo.