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Spesso chi uccide lo fa per un movente facilmente comprensibile come soldi, passione, potere. Stephen Chinelli è un uomo che non condivide questi obiettivi, tuttavia nel nascosto della sua vita ha una storia, un'urgenza che vuole raccontare, dove la violenza è protagonista. È la sua verità, frutto di una psiche dove la lettura della realtà insieme a spot di allucinazioni e di lucido delirio si alternano, determinando un percorso di vita consequenziale se non quasi obbligato. Stephen è attratto dalla filosofia, dal primato del pensiero in una società in cui il pensiero non ha valore. Questa è la malattia di Stephen. Il tentativo sempre più doloroso di far convivere due dimensioni ogni giorno più lontane, l'ambiente rigidamente strutturato e l'individuo alieno a tutto ciò. Il protagonista vive tutto questo in uno spazio che insieme è tempo e luogo a lui inospitale e che infine sfocia nella violenza come unica soluzione, unica via di salvezza. La violenza dunque, esatto contraltare della supremazia del pensiero, tanto amato da Stephen, come volgare via d'uscita, beffardamente ineluttabile. Così Stephen considera i suoi gesti, che al tempo stesso lo salvano e lo umiliano. Ma per quanto ancora?