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«Ho vissuto nei tristi e sconvolti luoghi della follia ed è incredibile l'insospettata spiritualità che ho incontrato in quei mondi. Vi sussistono sentimenti che come semi, sopravvivono sepolti e fioriscono in infinite forme e colori meravigliosi. Può comprenderlo veramente solo chi, al di là della tecnica, ha imparato ad essere vicino a quelle anime.» "Frammenti. Piccole storie di psichiatria" narra, in oltre duecento brevissimi racconti, il Manicomio, le sue violenze, la lotta di liberazione, la presa di coscienza di un medico e di un uomo, l'incontro decisivo con la figura umana e intellettuale di Franco Basaglia e con l'umanità sofferente. Buondonno racconta la storia del suo cambiamento personale e professionale ponendo al centro la domanda che per sempre lo ha interrogato: la lunga cecità verso la violenza e il sopruso da parte di lui medico (studioso e di sinistra), la potenza negativa del manicomio, che nella sua disumana assurdità tuttavia irretisce, soggioga, devia. Quale meccanismo agisce? L'induzione dell'ambiente e dei pregiudizi dominanti e l'ambigua banalità del male sono alibi sufficienti? E se non lo fossero, cos'altro ci sarebbe da capire, da spiegare per evitare che si riproduca quel "vero e proprio contagio di violenza" che Buondonno - pur avendolo poi con passione e coscienza combattuto - si rammarica di aver subito e a lungo non contrastato? La zona dominante del libro, forse la sua mozione segreta, è il diagramma di una crisi, il riflesso di una progressiva presa di coscienza che drammaticamente svela sia il manicomio per quello che è (un ergastolo che punisce, che ammala e non cura) sia l'anacronismo di una disciplina psichiatrica nei cui micidiali tabù politici - come negli annosi protocolli clinici - si annida tutto il peggio di quanto fu detta l'autobiografia italiana. La storia di Ernesto Buondonno è la nostra storia, la storia di tutti, di chi ha lottato per il cambiamento, di chi ha cercato di ostacolarlo e di chi è rimasto alla finestra.