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In un presente prossimo colmo di tensioni e incertezze, dove sembra essersi rotto definitivamente il patto generazionale tra padri e figli, il lupo cattivo alla fine arriva davvero e spazza via con un soffio i muri di paglia che proteggevano la famiglia. Un padre in "delirio d'impotenza" cerca di restaurare un codice morale perduto, mentre il figlio maggiore si sbraccia invano per richiamare l'attenzione sua e della madre, resa inerme dal parto. E poi c'è Primo, a dispetto del nome, il secondogenito: un bimbo "pesante dieci chili e alto ottanta centimetri", capace di amare selvaggiamente, con intransigenza, di prendere per i capelli la sua famiglia e trascinarla oltre i propri limiti. "Primo" è un romanzo che sfugge alle definizioni semplici. Si può leggere come una favola in chiaroscuro sulla fragilità dell'infanzia, un moderno ritratto di famiglia, una disperata richiesta di misericordia.