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L'ambivalenza dello sviluppo globalizzato apporta progressi materiali in tutti i campi ma è gravida, al tempo stesso, di sottosviluppi spirituali e morali. Tende a standardizzare le culture del pianeta secondo il modello occidentale, svilendo le loro virtù e i loro saperi, e ci pone in una crisi planetaria, quella dell'umanità che non riesce ad accedere all'umanità. Parlare oggi di «sinistra» come fa Morin dovrebbe portarci a concepire una via d'uscita dalle turbolenze di un'economia capitalistica scatenata, dalla degradazione della biosfera, dal montare delle paure e dei razzismi, cogliendo la possibilità, disponibile per la prima volta nella storia dell'umanità, di una comunanza di destino e di una patria terrena comune. Ogni cultura è fatta non solo delle sue illusioni e carenze, ma anche di qualità e ricchezze. Bisogna dunque mondializzare, cioè favorire le cooperazioni economiche, sociali e culturali, e al tempo stesso demondializzare, cioè alimentare le vitalità locali, regionali e nazionali. Bisogna mirare alle simbiosi culturali capaci di unire ciò che ciascuna di esse ha di meglio, operando una metamorfosi che leghi in modo indissolubile l'unità e la diversità umane.