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La connessione tra fini e mezzi, visti come parametri per la valutazione dell'ottimo Stato, se non condiziona il discorso politico, nemmeno esclude la realizzazione dell'ordo e della giustizia all'interno dello Stato. Sulla base di questa constatazione il volume, partendo dalla convinzione della centralità e del rapporto libertà-necessità e della complessità e ineludibilità dei bisogni, mira ad analizzare e chiarire l'uso dei termini libertà-eguaglianza, felicità-benessere che, avendo avuto successo all'interno di alcuni modelli di filosofia politica, in epoche diverse dalla nostra, sono tornati di uso corrente nelle discussioni che hanno ad oggetto la politica. Così il paradigma classico dell'eguaglianza viene analizzato in virtù delle politiche dell'eguale riconoscimento ed è posto in relazione al problema della diversità la cui valorizzazione si evidenzia attraverso una prassi strutturata su criteri costituzionali e transculturali dove i diritti culturali comuni vengono fatti valere in sede politica. Ma rimane aperta una domanda: i governi fino a che punto sono responsabili della felicità dei cittadini se gli stessi cittadini si allontanano sempre più dalle istituzioni e perdono sempre più la fiducia verso lo stato e i suoi rappresentanti?