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"I passanti" racconta una storia che può essere la storia di molti, una storia di violenza subita e di cecità, di superficialità e fuga. Claire esce dalla piscina, qualcuno la segue, la raggiunge, le usa violenza. In flashback due voci ci narrano l'accaduto, senza mai nominarlo né spiegarlo, impegnate a ricostruirne la forma che si fa ritratto di quella violenza, tanto più straziante quanto vicina e inevitabile. Sono la voce di Catherine, la vicina di casa e amica di Claire, e quella del colpevole, un trentenne senza nome e senza lavoro. Costruendo la propria immagine e quindi la propria identità a partire dall'evento drammatico dello stupro di Claire, Catherine e l'uomo descrivono ciascuno la propria vita di ogni giorno: per Catherine è il lavoro di sorvegliante durante il pranzo nella mensa di una scuola e, nel pomeriggio, lo studio in vista di un concorso per diventare insegnante di pianoforte, sono il silenzio e i rumori del suo appartamento, il ricordo preciso di quella sera in cui la musica le impedì di sentire quello che stava accadendo; per l'uomo, è invece il rituale del caffè e delle sigarette comprate in quel bar all'angolo due o tre volte la settimana, non di più, sono le lunghe camminate per riempire la giornata, sono il giardino pubblico, le vetrine dei negozi, la piscina, con il ricordo della violenza commessa e la paura di essere anche un assassino che riaffiorano in ogni istante.