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"Lo trovai a pagina 168. Stavo sfogliando da un pezzo il libro davanti a me ed ero sorpreso da quanto ci volesse per scoprire una traccia di lui, una qualsiasi. Ora l'avevo trovata. La foto al centro di pagina 168 della storia ufficiale del 1932 del reggimento List lo mostrava nel suo lungo cappotto grigio, un elmo chiodato sulla testa e un fucile appeso alla spalla destra. Se non fosse stato per la didascalia, non l'avrei riconosciuto. L'immagine era di qualità così scadente che tutto ciò che riuscivo a distinguere del suo viso erano i baffi. Se si fosse trattato di un altro, quella vista mi avrebbe fatto ridere: un volto apparentemente senza bocca, occhi o naso, munito solo di un paio di baffi. Ma la didascalia mi disse chi era: volontario di guerra Adolf Hitler, portaordini del reggimento, maggio 1915". Quest'immagine sfocata assumerà sempre più nitidezza nel corso dello studio di Thomas Weber, il primo a trattare con completezza la partecipazione di Adolf Hitler alla Grande Guerra. Scelta vincente dell'autore è partire proprio prendendo in esame il reggimento List, di cui Hitler fece parte per tutto il conflitto. "La Grande Guerra di Hitler" dipana la sua esperienza bellica e quella degli uomini del reggimento, raccontando la loro storia nel momento in cui il mondo degli imperi del XIX secolo moriva e nasceva la moderna epoca di distruzione, guerra totale e genocidio. La prima parte del libro descrive l'impatto che ebbero su di essi gli anni del conflitto, seguendoli da quando lo scoppio della guerra li sradicò dalle loro comunità bavaresi per trascinarli nelle trincee fangose delle Fiandre e della Francia settentrionale, fino alla sconfitta e al caotico ritorno in patria nel 1918. La seconda parte mostra il ruolo dell'esperienza bellica di Hitler e quello degli uomini del reggimento nell'ascesa al potere del nazismo, nell'impero hitleriano e nella Germania occupata dagli americani. Inoltre, questo libro si chiede se la guerra rappresentò il punto di rottura o "la catastrofe seminale" nella storia tedesca. Per molto tempo gli storici hanno creduto che fin dall'Illuminismo la Germania fosse stata radicalmente diversa da qualunque altro Paese europeo e che le radici del Terzo Reich affondassero profondamente nella sua storia. Il nuovo consenso (anche se non pochi storici rimangono ancora attaccati alla vecchia concezione) è che fino alla prima guerra mondiale la Germania non fosse molto differente dalla Gran Bretagna o dalla Francia, e che in ogni caso fosse più liberale della Russia zarista. Tutto ciò porta a chiedersi quale effetto ebbe il conflitto non solo su Hitler, ma sulla Germania in generale. Dalla prospettiva dell'inizio del 1919, le probabilità che la democratizzazione della Baviera e della Germania si dimostrasse sostenibile e che il soldato semplice Hitler fosse costretto a tornare a dipingere cartoline erano ragionevolmente elevate. La storia di come egli riuscì a trasformarsi da un semplice portaordini evitato dagli uomini del suo reggimento nel più potente dittatore di destra del ventesimo secolo è pertanto un monito per tutti i Paesi democratici o sulla via di diventarlo.