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Riprese in pose e atteggiamenti ordinari, le figure ritratte da Prampolini nei taccuini capresi appaiono sempre nell'atto di trasformarsi; ma il principio di quest'intrinseca metamorfosi, attraverso la quale l'artista, con il suo sguardo divertito, ce le restituisce, non risponde più solo a ragioni d'ordine formale, non appare più guidato da un'impalcatura linguistica preordinata alla loro trascrizione, sembra invece partire dall'interno, dallo stupore che loro stesse emanano e da cui sono colte nel momento del loro apparire sul palcoscenico della quotidianità. Distese sugli scogli, a passeggio lungo le strade dell'isola, oppure direttamente davanti al nostro sguardo, tra stupore e autorappresentazione, incredulità e messa in posa, ognuna di queste figure mostra il tratto di una teatralizzazione dell'ordinario. Capri, che fino a questo punto è stata testimone e incubatrice delle diverse svolte creative che hanno segnato il percorso dell'artista emiliano, diviene teatro di un accadere minimo e ordinario, registrato con immediata partecipazione.