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Tel Aviv, autunno 2006. A un congresso di storici dell'ebraismo Dana incontra l'amico e collega Santiago, che non vedeva da un paio d'anni. L'uomo è trasandato e particolarmente inquieto: del resto è comprensibile, considerata la sua tragica situazione familiare. Dopo la morte della moglie, infatti, Tiago ha perso anche il figlio ventenne in un incidente d'auto. Qualche giorno dopo il loro incontro, Santiago annuncia la decisione di partire per la città santa di Safed e la sera tardi Dana riceve una telefonata da un posto di frontiera israeliano. L'uomo ha superato senza autorizzazione i controlli, è nei guai e dà di matto. Le sue condizioni sono davvero preoccupanti: è convinto di essere un ebreo, esige di essere chiamato Jamaica, inveisce contro tutto e tutti. Dana riesce a portarlo via e i due vanno insieme a Parigi, dove si ritrovano coinvolti nella rivolta delle banlieues, con Tiago che non accenna a smettere di farneticare. Ma le frasi che lui ripete ricordano qualcosa a Dana, una vecchia cronaca del Seicento nella quale il figlio di uno spagnolo e di una inca racconta la propria vita, lui che si finge cristiano vejo ma in realtà è ebreo. E allora alla donna viene da chiedersi quanta follia ci sia davvero in Tiago...