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Quella di Antonella Bukovaz è la nuova voce della nostra poesia. Lo charme della sua timbrica, e soprattutto della sua intonazione, è parte non accessoria della sua testualità. Una voce semplice, a tratti arcaica, che però infinitamente si rifrange utilizzando meccanismi multimediali di prima qualità. Siamo in un universo liquido. Ogni oggetto è percepito nel suo stingere, dilagare, dilavare: "i confini delle cose ingoiano se stessi". Se il paesaggio sfuma, si perde, "si dissolve" è perché viene dipinto a gouache sul più sottile, il più "assorbente" dei veli. È un "paesaggio in corso": senza contorni né profili, né punti né linee. Nemmeno superfici. Nella nostra tradizione unico caso a questo è quello di Andrea Zanzotto. E dopo la sua nessuna voce quanto questa può dirsi site-specific.