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Gli stranieri ci hanno considerati, per almeno tre secoli, e ancor prima che fossimo una nazione, il "popolo cantante". Italianità ha significato spontaneo talento musicale, ma anche vocazione alla pigrizia e alla delizia estetica, inerzia politica e inaffidabilità civile. Eppure il melodramma, frutto dello splendore e del malessere di un popolo oppresso, negli anni della riscossa risorgimentale è riuscito a interpretare la necessità di costruire il carattere nazionale: il "volgo disperso" geniale e truffaldino sarebbe divenuto, anche grazie alla musica, un popolo di eroi, di generosi combattenti, di martiri capaci di sacrificio e di coscienza civile. La trasformazione della donna-Italia da femmina violata e sconfitta, destinata a compiacere i vincitori e i potenti, a figura di immacolata redentrice fu esaltata attraverso le peripezie vocali dell'eroina operistica, il soprano, che con la sua voce ardente e angelica ne incarnava il sublime destino di sacrificio, morte e resurrezione. Questo libro disegna l'intreccio tra melodramma e storia d'Italia, tra passione e politica, esplorando i rivoli sotterranei e i meandri segreti di un'identità nazionale ancora da scoprire.