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Un libro è sempre un messaggio, o, almeno, vuole esserlo. Si scrive per comunicare qualcosa, utilizzando anche, se del caso, la soluzione virtuale. Ma la carta resiste. E poi si presta a rotolare tra le mani, ad essere posseduta dagli occhi, ad imbrattarla, se occorre, con sottolineature di colore. Cosa dice, comunque, il messaggio? Regge alla critica e alla superficialità, oppure crolla, si frantuma, si dissolve non appena si cerca di assumerlo in tutta la sua portata. Ebbene l'autore non può trincerarsi dietro ad un non-senso, non può non confessare la natura robusta, comunque sobria, del messaggio stesso, senza tacere l'effetto che è destinato a produrre nelle intenzioni di chi lo trasmette. Altrimenti è superfluo scrivere.