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La poesia di Stefano Simoncelli si insinua furtiva nelle camere fredde di squallidi hotel dove si incontrano gli amanti. Si mischia a corpi nudi imperlati dal sudore del piacere, si fa lenta come carezze preliminari, sciogliendosi poi in versi di puro godimento. Anch'essa, ridicola e patetica come gli amanti, crede alle scambiate promesse d'eternità, tentativo di fermare il tempo, rimandare l'addio, quella morte che si apre come "un grande strappo nero dentro il cuore". "Egli trascrive direttamente dal vissuto"; così Cesare Garboli consacrò l'arte poetica di Sandro Penna. Una definizione questa, che potrebbe descrivere anche l'esperienza di Stefano Simoncelli, stilisticamente e concettualmente molto vicina a quella di Penna.