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Quando Luigi Pirandello pubblica nelle pagine della rivista "Nuova Antologia" un intervento dal titolo "Illustratori, attori e traduttori", le sue riflessioni rappresentano il più autorevole punto di arrivo di un vivace dibattito culturale volto a denunciare le precarie condizioni in cui versa l'arte scenica italiana nei primi anni del ventesimo secolo da un lato, e, dall'altro, a rivendicare il primato della concezione drammaturgica sulla rappresentazione teatrale. Sulla scorta di tali affermazioni è maturata l'idea di una monografia che indagasse in che modo la creazione d'autore venisse rielaborata in Italia nel corso del diciannovesimo secolo per soddisfare alle necessità dello spettacolo. A partire dall'esempio paradigmatico offerto dal copione approntato da Gustavo Modena per mettere in scena il "Kean" di Dumas padre, in "Autori, attori, adattatori" si evidenzia l'esistenza di una consonanza nei criteri di riduzione del testo drammatico utilizzati da interpreti e adattatori per le scene della penisola. Il volume mette a fuoco non solo l'interdipendenza tra la pratica scenica degli attori e la scrittura drammaturgica dell'autore italiano - come nei casi del Poeta e la ballerina di Giacometti e di Goldoni e le sue sedici commedie nuove di Ferrari -, ma anche come i parametri di traduzione di molteplici pieces straniere vengano influenzati dall'organizzazione e dalle consuetudini del teatro dell'epoca.