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Il libro tratta degli edifici dove visse la famiglia dei Manescalchi da Villore, attraverso un lasso temporale di sette secoli, e pone in luce (fra le prime volte a proposito di una famiglia non nobile né magnatizia) un paradigmatico spaccato sociale di una famiglia di modesti proprietari terrieri e di piccoli domini loci all'interno di una comunità rurale del Mugello medioevale ghibellino, poi inurbatasi a Prato nel Quattrocento con l'homo novus Bartolomeo "maneschalco", che dette il patronimico alla famiglia e le cui ambizioni di affrancazione sociale si infransero, decretando un mesto "de reditu suo" nel contado pratese prima e mugellese poi, per approdare a quello fiorentino come una stirpe di mezzadri ed, infine, di giardinieri. L'indagine assume, però, connotati più lati. Accanto alla storia dei Manescalchi, infatti, lo studio si è dilatato a quello delle vicende dei luoghi nei quali vissero, talvolta strettamente legate ad essi, talvolta in maniera più sfumata.