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Il problema più grande per il mondo antico era legato alla conservazione del cibo. A differenza di noi, cittadini moderni di società avanzate, gli antichi potevano contare su poche specie di produzione strettamente locali, con la sola eccezione delle spezie, rigorosamente stagionali, e per di più esposte ai capricci del tempo e agli attacchi dei parassiti. Se la disponibilità di cibo significava gettare le basi per lo sviluppo della propria comunità, conservare il cibo significava assicurarne la sopravvivenza e la ricchezza: non stupisce pertanto la grande cura con cui venivano progettati i luoghi di conservazione. Sorprende invece la continuità con cui dall'età romana alla modernità questi luoghi siano stati impiegati, come testimoniano il "De re rustica" di Columella e "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" di Pellegrino Artusi. Attraverso una metodologia interdisciplinare il volume analizza dunque i luoghi di conservazione del cibo, una parte assai trascurata, ma fondamentale, della cultura materiale, considerandone aspetti costruttivi e funzionali espressi nei diversi periodi storici.