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Fino a pochi anni fa, nella lingua italiana e nei suoi dizionari, "immaginario" era soltanto un aggettivo che serviva a distinguere le entità create dalla fantasia da quelle del mondo reale. C'erano i personaggi immaginari, i mondi immaginari, il sostantivo era una rarità dal significato non ben definito; immaginario è dunque una parola in parte nuova, che è cresciuta nell'uso degli ultimi venti-trent'anni. Se l'immaginazione è la fabbrica delle immagini, l'immaginario ne è il repertorio (magazzino o museo). L'immaginazione è un processo attivo e creativo; l'immaginario è una parola dal significato ancora non perfettamente definito, ma è anche in un certo senso la tomba dell'immaginazione. A partire da questa riflessione, si sviluppa "Geneaologie dell'immaginario" che, attraverso un percorso ricco di fascino (che va dal cinema alla pittura, dalla psicoanalisi alla letteratura), raccoglie e dispiega le molteplici versioni dell'immaginario, lasciandone intatte la complessità e l'ambiguità. Un luogo comune? Un parente povero dell'immaginazione? Oppure veramente il luogo dove tutto è possibile, dove il mondo si trasforma di continuo: un archivio, un magazzino che ciascuno di noi possiede e in cui stipa non solo le sue fantasie, ma il suo mondo, reale come quello che ci circonda.