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«Qualcosa di imperioso trascina nella lettura quasi martellante dei versi di Pedroni. Imperiosa è la sua febbrile visionarietà, una percezione vivissima di scorci di passaggi, di elementi, posture umane. Una fame spirituale immensa e quasi tesa a catalogare, incidendo versi, il perimetro del vivente, per testimoniarne l'esistenza, il valore, il rilievo. Pedroni ha il ritmo della lingua italiana battente, quella di Rebora o di Campana per intenderci, indicando due modelli altissimi. E la medesima inquietudine. Quella che imprime all'andamento dei versi la medesima fame di vita e di cielo - "ovviamente" come il poeta conclude in controtempo antiretorico la sua raccolta. Che si incastra quasi come pietra barbara e nerosplendente in mezzo a tanta odierna poesia poco animata e leziosa. Qui lo sprint di fulminei ritratti in versi del mondo ci comunica invece l'ardore primario e naturale di uno spirito antichissimo e bambino.» (Davide Rondoni)