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La pandemia da Covid-19 ci vede ormai impegnati da più di un anno a fronteggiare un nemico capace di colpire alla radice certezze, prospettive, abitudini di vita. Nel disorientamento collettivo, ma anche nella rabbia sotto-traccia che si esprime in diversi modi nell'ambito familiare, lavorativo, politico, relazionale ed ecclesiale, sono ormai diversi i tentativi di elaborare una riflessione che sia capace di raccogliere dubbi e interrogativi. Tutto questo con l'intento di orientare processi utili a vivere l'emergenza ma soprattutto a progettare il futuro. In questo senso, da più parti emerge il dubbio che la situazione di pandemia non ci chieda solo di attendere il suo superamento, al massimo sanando ferite mediche ed economiche, ma anche di cogliere urgenze di rinnovamento. La pandemia, infatti, potrebbe avere evidenziato alcune fragilità bisognose di attenzione nel rapporto tra gli esseri umani, con il creato e - in ambito ecclesiale - nelle prassi pastorali consuete. Risuona spesso e in diversi contesti - più o meno divulgativi - la frase di papa Francesco per cui «peggio di questa crisi c'è solo il dramma di sprecarla».