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Kulesov, beccamorto per vocazione, ha introdotto nel mestiere i principi portati in auge nel cinema dal regista russo col cui nome si è ribattezzato: impassibilità, neutralità, condiscendenza. La sua è una carriera votata al perfezionismo. Almeno fino a quando il fu Emile Lécuyer non fa irruzione nella sua vita, con le sue due mogli al seguito: Anne-Marie Lécuyer, sposa legittima, ed Eva Rouvière, compagna ufficiale. Kulesov sa che è difficile avere a che fare coi vivi e che è ancora più complicato gestire una vedova inconsolabile: figuriamoci due vedove pronte a tutto pur di accaparrarsi il corpo di un uomo (con)diviso per una vita intera. Di fronte a un dirottamento di carro funebre sotto la minaccia di un'arma da fuoco, poi, chiunque cederebbe. Ma non Kulesov che, va ribadito, è beccamorto per vocazione e si è assunto un impegno nei confronti del suo cliente, il fu Emile Lécuyer. Lo seppellirà, e come ha fatto per i quattromiladuecentoventitré che lo hanno preceduto, metterà la sua storia nero su bianco, in un in-folio che poi numererà e archivierà. Anche a costo di morire.