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In questo ultimo poemetto Innocenza Scerrotta Samà raggiunge il massimo livello di decriptazione dell'oscuro prelinguistico. Essa usa l'epigramma e il "cartiglio" apodittico per dare vita a visioni dove gli ossimori si trasformano in metafore che illuminano il profondo dell'essere fino a salvarne il senso. Ciò è derivato dalla natura sibillina del testo e non dionisiaca, come potrebbe apparire a una prima lettura di questa opera. Dall'uragano nell'arcobaleno rappresenta il punto d'arrivo di un percorso iniziato con l'utilizzo del mito per metabolizzare il doloroso monstrum della natura. Di poemetto in poemetto Innocenza ha elaborato il dolore, ne ha sublimato il significato ultimo affidandosi ad un cursus poetico continuamente volto a dare ordine al caos nella misura di una grazia originaria con cui si rivolge, in modo interrogativo, all'essere. Peraltro la vera poesia è questo: un'alta interrogazione che sa di non avere risposte, se non nella sua stessa possibilità di trovare le parole giuste per aprire una "conversazione impossibile": "Eterno / l'attimo di gioia / rubato / al tempo: / la goccia /palpitante / sul petalo / del fiore / lacerato. (...) Udibile / luminoso / mobile".