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Nella fase di crisi che stiamo attraversando, in che modo può il mondo della cooperazione, da sempre portavoce di un modello culturale e produttivo altro da quello che ricerca lo sviluppo illimitato, rinnovare il proprio ruolo storico di rappresentanza e tutela delle soggettività più esposte e di agente di coesione sociale? L'autore sostiene che le cooperative sociali potranno coniugare efficacia nel perseguire le finalità della cooperazione, efficienza imprenditoriale e partecipazione associativa soltanto se manterranno viva la loro anima autogestionaria. Non è certo una concezione aziendale gerarchico-funzionale che può corrispondere alla mission della cooperazione sociale, la quale è garantire mutualità solidale e qualità della vita comunitaria: bisogni profondamente umani, che sarà possibile soddisfare nella misura in cui si adotterà una logica umana di gestione dei servizi, della produzione e del lavoro, promuovendo sviluppo ecocompatibile e opportunità di impiego per tutti. Per isomorfismo virtuoso, la solidarietà interna alle cooperative può riflettersi sul comportamento dei cooperatori, sulle relazioni di aiuto con chi è in difficoltà e sulle reti di collaborazione con i principali attori del territorio. È soprattutto nella prospettiva della costruzione di un welfare di prossimità, infatti, che le cooperative sociali di comunità si pongono come realtà dotate di capacità generative inedite, a cui guardare con rinnovato interesse.