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Furono oltre centomila i sudditi dell'Impero asburgico appartenenti alla minoranza italiana che durante la Grande Guerra combatterono 'dall'altra parte'. Parlavano la lingua del nemico e per questo furono considerati inaffidabili e sospetti. Inviati soprattutto sul lontano fronte russo, in migliaia caddero prigionieri. Contesi tra Austria e Italia, da entrambi i paesi vennero visti con diffidenza e nei campi di prigionia russi subirono pressioni contrastanti e tentativi di rieducazione nazionale. Il libro ricostruisce i loro trascorsi avventurosi, vissuti in lunghi anni passati tra guerra, prigionia e complicati ritorni, e restituisce un capitolo importante della complessa questione dei nazionalismi novecenteschi.