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L'inconscio viene considerato l'oggetto di indagine specifico della psicoanalisi: ma questo "inconscio" è stato scoperto, individuato e descritto con la coscienza, senza che sia stato indagato adeguatamente in che cosa tale "strumento-coscienza" consista e come funzioni. Dall'opera di Freud d'altra parte è derivata l'idea pregnante che "la" coscienza sia fallace. Si impone pertanto la necessità che in psicoanalisi si consideri adeguatamente lo studio di questa "coscienza", che si usa per scoprire l'inconscio. Antonio Imbasciati ne propone chiarimenti nel quadro della costruzione del cervello dalle esperienze individuali: questo "apprendere dall'esperienza", che la letteratura psicoanalitica ha sviluppato sul piano della soggettività e che l'analista sente o pensa accadere in analisi, viene prospettato dall'autore nella costruzione progressiva delle funzionalità del cervello di un determinato individuo a cominciare dal feto. Il cervello funziona attraverso reti neurali: ogni esperienza ne produce e modifica le precedenti, e da queste viene condizionata la formazione delle reti successive. L'esperienza che in tal modo fa il cervello resta in memoria sotto forma di reti neurali. Nessuno ha un cervello uguale a quello di un altro. Quanto accade nel cervello non è omologabile alle esperienze obbiettive di un soggetto: il piano neurale non è omomorfo con ciò che appare nella coscienza di un soggetto, come si crede nella cultura popolare. La traccia delle prime esperienze neonatali e infantili spiega la correlazione riscontrata nella clinica tra le vicende di vita infantili e il funzionamento mentale nelle età più adulte. L'autore descrive l'importanza degli "affetti" in quanto tracce delle prime esperienze fondanti il destino della struttura neurale che si costruirà. Queste tracce sono irrappresentabili per la coscienza, che si svilupperà in tempi successivi: quel che percepisce un neonato o un infante con è configurabile per noi adulti. Per questo le esperienze della prima infanzia non possono essere ricordate. La memoria non è ciò che ricordiamo: il ricordo è uno dei tanti effetti che un cervello può far comparire alla coscienza dell'individuo. L'ultimo saggio riprende in chiave psicosociale gli effetti dei pregiudizi come eventi particolari delle funzioni della coscienza.