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La scrittura violata è la storia del cammino accidentato di un romanzo, Fontamara di Ignazio Silone, su cui all'inizio non molti scommisero. Ambientato in un paesino abruzzese inventato ma vero, remotissimo dagli eventi della Storia, il romanzo parlò il linguaggio universale del riscatto sociale, perfettamente inteso dai "cafoni" di ogni latitudine. Un linguaggio ben compreso pure dai governi, sia da quelli del fronte antinazista, che lo usarono come arma propagandistica contro il nemico, fingendo di non notarne la carica eversiva, sia da quelli fascisti, efficienti nella compilazione di indici di libri proibiti. Ma si sa, lo spirito soffia dove vuole e Fontamara continuò a circolare sotterraneamente anche negli ambienti più ostili, compresa l'Italia mussoliniana, dove fu letto in traduzioni clandestine o ascoltato di nascosto dagli altoparlanti di Radio Londra. Questa singolare opera di un esule, composta da una materia ibrida a metà tra cronaca e politica, letteratura e giornalismo, incapace di sopportare i limiti di una "forma", seppe adattarsi al genere o all'idioma che, di volta in volta, le si richiedeva di indossare. Il romanzo rinacque, quindi, come testo teatrale, ballata, radiodramma e, così facendo, andò oltre sé stesso, offrendosi al lettore come esempio di quella libertà inseguita nelle sue pagine con tanta passione.