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È l'anno 1444, una flotta di sei caravelle giunge nell'Algarve e sbarca 235 persone in catene, fra uomini, donne e bambini. Tutti accorrono, incuriositi e anche impressionati, per assistere a uno dei primi atti del traffico di schiavi dall'Africa, inaugurato dai portoghesi. Poi si aggiungeranno altre nazioni coloniali, in una vera e propria deportazione, basata anche su un preesistente commercio interno africano, che riguarderà più di dodici milioni di individui, privati della dignità oltre che della libertà. Responsabili di questo crimine, per quattro secoli, sono mercanti, funzionari dello Stato, fazendeiros, uomini di mare, insieme con gruppi di potere locali e ordini religiosi. Schiavi e trafficanti attraverso l'Atlantico si avvale dei documenti dell'epoca per tracciare un ritratto vivido ed efficace del commercio di schiavi verso l'Europa e l'America fin dal suo inizio, con particolare riferimento ai trafficanti portoghesi, seppur con una visione più ampia, che abbraccia tre continenti. Vengono delineate le prime missioni dei navigatori, le disumane traversate nel deserto e sull'oceano delle persone "acquistate", le vicende di chi ne traeva vantaggio. Risaltano il coinvolgimento di regni africani ormai scomparsi e il dibattito nel corso dei secoli sulla "moralità" della schiavitù, insieme all'accanimento degli ultimi negrieri dopo la formale abolizione della tratta, a lungo rimasta sulla carta. L'approfondita e rigorosa ricerca compiuta da Arlindo Manuel Caldeira riporta alla memoria una antica tragedia di marca europea, che in parte si rinnova nella storia dell'umanità.