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Già negli anni Sessanta del Novecento Jean Baudrillard scrive alcuni testi di critica della società dei consumi, e lo fa in una prospettiva di marxismo eretico che prende le mosse sia da Henri Lefebvre sia da Guy Debord e dai situazionisti. Il suo intento fin dai primi lavori è allargare il raggio d'applicazione della critica dell'economia politica di Marx agli effetti sociali della circolazione delle merci. Baudrillard mira a trascendere la produzione e lo scambio economico delle merci, inserendo a pieno titolo nella produzione stessa ambiti invece considerati da Marx come residuali o sovrastrutturali, quali la cultura, l'informazione, la sessualità. E ciò perché tali ambiti, acquisiti nel ciclo della valorizzazione del capitale, rendono immediatamente produttivo anche il consumo. In questa logica, "Lo specchio della produzione" ipotizza una forma/segno che identifica la stessa forma/merce e che è ancor più influente nella determinazione del valore rispetto al mero calcolo del costo economico dato dal rapporto tra salario, prezzo e profitto. Alla critica della forma/merce Baudrillard intende sostituire una critica dell'economia politica del segno e della sua espressione suprema, il valore/desiderio, che si presenta come variabile indipendente dalla produzione e come il sistema che sussume ogni possibilità di radicale rottura con il sistema nel suo complesso. Introduzione e postfazione di Maurizio Ferraris.