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L'imprescindibile riflessione di Ernst Jünger sulla Grande Guerra è ritornata al centro del dibattito degli studiosi a partire dalla pubblicazione, avvenuta nel 2010, dei suoi diari di guerra originari. In questo scarno giornale di bordo, Jünger, come un sensibilissimo sismografo, registra il ritmo incalzante delle battaglie e delle marce militari e quello dilatato e quasi surreale delle veglie di guardia notturne, la monotonia e il degrado della vita in trincea e l'inferno di sangue e acciaio della "guerra di materiali", in cui non solo si consumavano i sogni e la vita di intere generazioni di europei, ma vacillavano le stesse fondamenta di un mondo e di una cultura. L'esperienza di guerra rimane il centro propulsore della produzione letteraria e filosofica jüngeriana degli anni Venti e Trenta, improntando di sé la pubblicistica politico-nazionalista degli anni 1919-1933, le riflessioni sull'attualità, le pagine espressioniste del Cuore avventuroso del 1929 e gli scritti sulla mobilitazione totale e sull'affermarsi della nuova epoca dell'Arbeiter dei primi anni Trenta. Essa viene elevata a incomparabile scuola di vita, a prova suprema di valore, a emblema universale della lotta interiore e spirituale che l'uomo deve condurre contro le forze oscure ed elementari. Nel corso della lunga vita di Jünger, che abbraccia un intero secolo, le continue trasformazioni che egli opera su di sé comporteranno, volta per volta, una differente interpretazione della Grande Guerra, evento destinato a segnare in maniera indelebile tutta la sua esistenza e con il quale non ha mai smesso, fino all'ultimo, di misurarsi, alla ricerca di una personale forma di vita e di un'estetica ed etica dell'esistenza, attraverso una pratica incessante della memoria.