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La filosofia "eretica" di Luciano Parinetto (Brescia 1934-Chiari 2001), docente di Filosofia morale alla Statale di Milano, vede in Marx un'utopia della sensibilità ("Sinnlichkeif") ben distante dal "sistema" del materialismo dialettico, che di Marx faceva il profeta del movimento operaio, concepito come un corpo unico da guidare verso la rivoluzione socialista. Parinetto rileva, invece, nel filosofo di Treviri, il valore del singolo (e ne parla con echi kierkegaardiani), la cui diversità è il potenziale grimaldello per l'emancipazione dell'umano. E il singolo, se si risale alle fonti rimosse del pensiero dialettico marxiano (come a Rousseau, a Lessing o alla tradizione alchemica), non è affatto un'essenza, ma un divenire: non ha una natura propria (che farebbe "pendent" con la fissità ontologica borghese), ma è un orizzonte di possibilità tutte aperte (che, per converso, i socialismi reali hanno cristallizzato in un tipo antropologico cui adeguarsi). Di qui l'attenzione per la stregoneria: la strega è un concetto metamorfico che surdetermina tutte le minoranze culturali, tutte le diversità perseguitate a partire dall'età moderna (dagli indios americani ai contadini tedeschi, dagli ebrei alle donne agli omosessuali), nelle quali Parinetto (cui peraltro si deve l'impulso ai Gender Studies e l'influenza su Mieli) individua l'esibizione della dialettica e, d'altronde, nella dialettica vede la chiave di lettura della diversità. Del resto la strega, che è errante nei nomi e nei luoghi, la notte emigra nel Sabba, luogo del desiderio, e per questo si fa portatrice dell'utopia di un totalmente altro.