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Gli atti di terrorismo, che colpiscono crudelmente molti cittadini inermi di ogni parte del mondo, impressionano spesso per quella che appare come una mancanza di logica: che responsabilità avranno mai i passeggeri in un aeroporto o in una stazione di autobus per atti che altri compiono, spesso a loro totale insaputa, in altre parti del mondo e in scenari completamente diversi? Lo sforzo degli autori del libro è quello di indagare appunto ciò che, prima facie, appare inspiegabile. Che cosa fa sì che emerga progressivamente nella mente di molti individui, e nella mentalità dei loro gruppi di riferimento, la fantasia di una distruttività che non individua nemmeno più un oggetto meglio definito, ma solo un grumo di elementi indefiniti e comunque ostili? L'idea freudiana che le rappresentazioni inconsce non si formino a caso, ma che seguano percorsi piuttosto rigidi, potrebbe essere vista come l'idea base di questo volume; si cerca in effetti nelle sue pagine di mettere in rilievo come il terrorismo sia il frutto di una cultura del terrore che ha molti padri, quasi tutti pronti a disconoscerlo come creatura propria. La storia dei rapporti politici, sociali, culturali e psicologici tra popolazioni dominate, nell'epoca del colonialismo classico, e paesi dominanti, ha non solo lasciato resti importanti, ma anche prodotto ulteriori fatti e relazioni che hanno aumentato a dismisura il magma di risentimento, odio, senso di emarginazione e desideri di rivalsa che paiono oggi dominare il mondo intero.