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"La prima voce" è l'arrogante lamento di una cosmologia morente. È il racconto di un fallimento, la scelta di una narrazione parziale. Non riesce ad essere un saggio, senza essere altro da un saggio. È troppo poco, perché rinuncia, e rinuncia in partenza, ad un criterio scientifico e, allo stesso tempo, pretende troppo. Pretende che il suo contenuto coincida con la sua forma e pretende che questa coincidenza abbia a che fare con quella rinuncia. Il contenuto e la forma non sono che lo stesso: è la favola, la trama, la storia, e, a tenerle insieme, è il luogo da cui un io parla, il luogo da cui ha scritto.