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Questo è un taccuino, un "taqwin", che in arabo significa "corretta disposizione, ordine giusto". E l'ordine di questo taccuino è la scrittura stessa nel tempo del suo disporsi lungo le righe, man mano che accade e manifesta un senso. È così anche un luogo dove appoggiare una riflessione in forma di parole, l'attimo stesso in cui le parole vengono trovate dalla scrittura che rappresenta uno dei modi del nostro stare dentro al mondo, cercando appunto di dargli un senso. È un taccuino che si sfila dalla tasca all'occorrenza, per fermare la volatilità di un'intuizione, la volubilità di una sensazione, o l'incominciarsi di un pensiero ancora. Ma è anche un taccuino tenuto sempre aperto, pronto per accogliere la scrittura che via via va facendosi lungo i paesaggi del silenzio, giorno per giorno, senza una meta precisa, senza nessun'altra conclusione che non sia lo stare dentro al taccuino stesso.