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Fuori luogo è la singolarità di ciascuno, il proprio sé irriducibile all'io, all'individuo, all'identità, e inevitabilmente coinvolto nel rapporto con altri e, in questo senso, unico, incomparabile, irriducibilmente altro. Utopia rispetto al ruolo, alla posizione, alla funzione, alla comunità, all'appartenenza, all'identità. Fuori luogo è trovarsi esposto, senza riparo, senza protezioni, senza giustificazioni, senza scappatoie, senza alibi. La singolarità non indifferente all'altro è l'esorbitante nella riproduzione dell'identico, condizione della riproduzione di questa forma sociale che si impone come mondiale, globale. Fuori luogo è fuori genere, fuori appartenenza, e di conseguenza destituzione del soggetto. È l'uscita dal ruolo di soggetto, dagli agglomerati di soggetti, dalle comunità, dai popoli. Fuori luogo è fuori dai luoghi del discorso, dalla definizione, dallo stereotipo, fuori nome, fuori dalla predicazione dell'essere, dalla pretesa di chiudere con l'altro. È ritorno alla parola che ascolta, che non toglie tempo all'altro, è andare incontro all'altro.