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I racconti di scuola, attraverso le storie di vita quotidiana, rinviano al silenzio come obbligo, come "disciplina". La memoria scolastica è fatta in larga parte di risposte a comandi, ad imperativi categorici per la costituzione di quell'"ordine" che consenta il "fare scuola". Ma non solo. Il culto del silenzio è anche incriminazione della parola a sintomo-segno di dissenso. Il libro vuole far riscoprire la valenza pedagogica del silenzio pensoso, di quel fermentare della ragione che agisce come lievito lento, per educare gli alunni (e non solo loro) al lavorìo quotidiano su di sé, per costruire la propria personalità in un dialogo fecondo con la propria storia, con gli altri e con il mondo. Tempo di stacco, non del "fare niente", ma del fare fecondo per sé, il silenzio nella scuola viene ridisegnato nelle sue linee didattico-educative, che si fanno opportunità ghiotte per dare l'abbrivio ad autonarrazioni, specie scritte, dove il pensiero ha il suo habitat.