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Vivace e corrosivo, breve quanto una passeggiata da Chelsea a Bloomsbury, "Il piacere della pittura" (1934) per la prima volta in traduzione italiana, è un'agevole introduzione alla matura teoria dell'arte di Clive Bell. Perché nelle sale di un museo siamo felici o infelici? Qual è l'origine del piacere o del disappunto davanti ad un'opera d'arte? Bell ci guida in una visita alla National Gallery e ai Musei Vaticani, con digressioni a Parigi e Venezia, per descrivere l'esperienza dell'arte: risposta alle qualità visive della forma, democratica ed elitaria allo stesso tempo, essa è antidoto alla pedanteria del connoisseur e alla presunzione dello snob. "Il piacere della pittura" partecipa, dalla parte dello spettatore, al progetto di rinnovamento delle forme dell'arte e della vita di una generazione di artisti ed intellettuali che l'orrore della seconda guerra mondiale avrebbe tragicamente interrotto.