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Le opere di Marcello Lo Giudice sono portatrici di un messaggio che non si esaurisce in sé stesso, ma che necessita di essere cercato, compreso, interpretato e, successivamente, divulgato dal fruitore. Quando si guarda un'opera di Lo Giudice, si rimane sconcertati dalla doppia dimensione di queste rappresentazioni: osservando una sua tela ci si ritrova di fronte, al contempo, la Terra ed una seconda raffigurazione della stessa, acutizzata dalla granulosità dei pigmenti che ne richiamano la consistenza visiva e tattile: in questo modo la distanza tra materiale e concettuale risulta diminuita. Marcello Lo Giudice può essere definito, citando le parole del critico francese Pierre Restany, come un "pittore tellurico: colori, materia e luci si fondono insieme per creare suggestivi remoti paesaggi geologici dove la natura viene rappresentata come purezza della terra ed energia della luce." Alla creazione di tale effetto concorrono i ripetuti interventi dell'artista sulla tela, in cui colori, oli e pigmenti vengono stesi in spessi strati, sovrapposti, sepolti e richiamati alla superficie in fasi molteplici, spesso con l'ausilio di raschiature di spatole, abrasioni, asportazioni e livellamenti.