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Un rapporto duraturo, solido, una relazione profonda fu quella tra Marcello Mascherini - uno dei più noti scultori italiani del novecento - e la città del santo. Fondamentali le opere realizzate dall'artista a partire dal 1940 per l'università patavina, cantiere presso il quale era stato chiamato su segnalazione di Gio Ponti insieme, tra gli altri, ad Arturo Martini, Massimo Campigli, Filippo de Pisis, Gino Severini. Sono questi gli anni della piena consacrazione artistica di Mascherini, dopo la sala personale dedicatagli alla Biennale di Venezia del 1938 e il Premio unico dell'Accademia d'Italia destinato alla scultura. Una trattazione specifica in catalogo è riservata alla presenza di Mascherini alle rassegne artistiche padovane, a partire dalla giovanile partecipazione alla "V Esposizione d'Arte delle Venezie" in Palazzo della Ragione, per approfondire poi con particolare attenzione le opere esposte nel secondo dopoguerra alle "Biennali d'Arte Triveneta" e alla "Biennale del Bronzetto". Alle rassegne padovane Mascherini si presenta con un linguaggio più intimo, esibendo anche la propria identità regionale: ribadire e definire il legame tra Trieste a Padova e, in questo contesto, il ruolo dei giuliani nel quadro più ampio dei "popoli veneti", era proprio l'obiettivo delle mostre del sindacato. Un ulteriore spazio è dedicato a un aspetto meno noto della produzione dello scultore e al suo sodalizio con l'artista dello smalto Paolo De Poli: insieme pensano alla creazione delle opere per la decorazione delle sale interne di alcune delle più importanti navi italiane dell'epoca.