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Colonne come zampe di elefanti, ombrelli che raccolgono l'acqua, alberi che crescono su dorsi di tartaruga, uccelli che volano come aeroplani di carta. Si potrebbe dire, con una frase ormai abusata nelle storie di successo, che nell'universo di Bruno Agolini "niente è quel che sembra". Ma sbaglieremmo. Perché nei suoi lavori è vero il contrario: tutto è quel che sembra, solo che niente è una cosa sola. Si gioca con le linee e le forme, con le parole, suoni e significati, con i colori e le luci. Così l'occhio è continuamente portato a cambiare direzione e adattarsi a una nuova prospettiva, per vedere quello che prima non vedeva e che mano a mano si svela, in un movimento in cui l'orizzonte non è perso, ma è molteplice e differenziato. "Il ciclo dell'acqua", in quest'ottica, è titolo particolarmente appropriato dell'intera mostra, e non solo di una singola opera. L'acqua è elemento metamorfico per eccellenza, in quanto continuamente, sotto i nostri occhi, evapora e condensa e anche nello stato solido è costantemente presente nelle nostre vite. E ora che con il riscaldamento globale i ghiacciai dei poli fondono e le piogge sono devastanti, non ci può più sfuggire che l'acqua, il primo principio vitale, ha mille forme, ma è una sola.