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Nel suo spalancarsi sull'abisso, l'educatore racconta: spesso, non del vuoto, che lo spaventa, ma del mondo che gli sta alle spalle. Il passato lo protegge dal futuro, è un rifugio per quanti, in assenza di alternative alla propria esistenza, pensano che il mondo sia già dato, possa solo esser reiterato. Lì, il gesto educativo diviene transfert, proiezione di dimensioni personali e sociali che, col tempo, risultano sempre più stereotipate per il loro ripetersi, rimandarsi all'infinito. Senonché, il transfert comporta il falso nesso e dà luogo ad associazioni arbitrarie che, nell'esperienza educativa, rischiano il doppio legame: di nuovo, l'affacciarsi sul vuoto, sull'abisso, proprio di chi si ritrova improvvisamente ingabbiato. Per le stesse ragioni per cui la vita e l'educazione non possono non interpellarsi reciprocamente, la psicoanalisi e la grande letteratura chiamano la pedagogia a interrogarsi su questi temi, e a farlo sperando di essere riascoltata.