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Il Toleration Act proclamato nel 1689 dal parlamento inglese viene esibito come il clou dell'affermazione della libertà religiosa e della laicizzazione della sfera morale e della vita pubblica. Ma a ben vedere le intricate fasi della transizione dalla gloriosa rivoluzione alla successione hannoveriana impressero alla società d'oltremanica una fisionomia più articolata di quanto fossero solite rappresentare le vecchie agiografie whig. A questa travagliata fase dell'esperienza britannica sei-settecentesca appartengono le avventure del vescovo Benjamin Hoadly e di un piccolo seguito di ecclesiastici anglicani agguerriti sostenitori del suo messaggio latitudinario. Le contrapposte ipoteche ideologiche sono state concordi nel restituircene un'immagine per molti versi distorta. In realtà, Hoadly non fu mai un antesignano del moderno pluralismo religioso come gli studiosi d'ispirazione liberale lo hanno spesso esibito. Egli non fu però neanche quel traditore dell'establishment ecclesiastico che la storiografia più conservatrice insiste ancora oggi a dipingere. Il presule d'oltremanica auspicava la riconciliazione tra le principali denominazioni protestanti inglesi, mentre le sue opere, lungi dal poter essere etichettate univocamente, raccoglievano suggestioni provenienti da ambiti diversi, ed erano espressione di una sensibilità filantropica legata ai nuovi ideali pietistici del secolo dei Lumi.