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Questo libro vuole essere prima di tutto un viaggio. O meglio una serie di viaggi dentro esperienze comuni, spesso così comuni da potersi definire "banali". Con l'aspirazione però a definirsi come antidoto alla "banalità" del quotidiano e offrire al lettore stimoli per leggere le cose in un modo diverso dal consueto: per poter avere orecchi per ascoltare la complessità dell'essere e abituarsi ad un ascolto polifonico. In ultimo anche saper individuare le vie che possono portare, sempre partendo dall'esperienza comune, a molti lidi; alcuni di questi anche riconducibili a configurazioni antropologiche che la tradizione medica ha definito "patologiche". L'ambizione è dunque quella di partire dalla "banalità" del quotidiano per addentrarsi in vie che arrivino anche agli abissi della patologia cercando di far intravedere come un cammino, non poi tanto difforme, possa condurre anche ai vertici dello spirito. Il fuoco dell'attenzione viene posto su quei punti (i "margini", appunto) perché è qui che il percorso consueto e "banale" può prendere altre vie, spesso molto divergenti negli esiti quanto simili nelle partenze. E insieme vuol porre rilievo su un luogo (il margine ancora) che sembra essere la sede più appropriata per una comprensione ed un ascolto dell'altro che non voglia perdere una aspirazione olistica. Su questo margine l'autore situa il lavoro di psichiatra, convinto che il "luogo" della psichiatria dovesse essere proprio lì.