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Diversamente da quanto potrebbe far supporre la sua sempre più frequente presenza nelle cronache quotidiane, l'atto terroristico suicida è stato fino a poco tempo fa sconosciuto agli afghani e lontano dalla loro cultura. Durante i quasi due anni che ha trascorso in Afghanistan, in qualità di analista NATO, l'autore ha potuto studiare da una prospettiva "privilegiata" la natura e le caratteristiche del fenomeno, i suoi fautori, gli attori, il contesto pregresso e attuale in cui si sviluppa, le ragioni socio-politico-religiose che lo sostengono, i suoi rapporti con la politica internazionale, anche alla luce delle attuali strategie. A partire dalla descrizione della stratificata società afghana, del complesso intreccio culturale e dell'imprescindibile componente religiosa, il testo delinea un "identikit sociale del martire-martirio" in Afghanistan: i meccanismi, le ragioni, l'evoluzione del terrorismo afghano sono qui spiegati grazie a dati non filtrati, raccolti "sul campo", e avvalorati dal confronto diretto con le parti in causa. L'autore traccia così potenziali trend evolutivi e propone alcune soluzioni percorribili per mitigare gli scenari futuri, sinora poco incoraggianti.